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COECLERICI: VISIONI D'IMPRESA
catalogo mostra  

size: 21 x 29,7 cm. - 140 photos b&n and color - 112 pages - Arsenale Editrice - Verona - october 2013 - code: ISBN 978 88 7743 394 7

REALISMO VS ASTRAZIONE. LE FOTOGRAFIE DI LUCA FORNO PER COECLERICI

 Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi
Marcel Proust

Le fotografie che questa mostra presenta sono un'accurata selezione tratta dagli ampi reportage realizzati da Luca Forno per Coeclerici tra il 2008 e il 2012, affondi in una realtà imprenditoriale italiana esportata in paesi lontani che hanno dato vita a tre libri fotografici: The mine (2009), dedicato al giacimento di carbone di Korchacol, in Siberia; Bulk Zambesi (2011), che documenta la costruzione, nel cantiere cinese di Nantong, dell'omonima nave, destinata  ad attività di transhipping in Mozambico; Batubara (2012), che racconta il lavoro delle due unità gemelle, Bulk Java e Bulk Borneo, impegnate in Indonesia nel sistema di movimentazione del carbone (che in indonesiano si dice, appunto, batubara).
Queste fotografie nascono quindi da un'esigenza documentaria, dalla volontà di una grande e storica impresa italiana (fondata a Genova nel 1895) ed articolata a livello internazionale, di documentare il proprio lavoro, l'innovazione tecnologica che guida le proprie scelte industriali, la capacità produttive ed, in sostanza, il proprio successo imprenditoriale.
Luca Forno, infatti, ci accompagna in un viaggio, per immagini, in questi luoghi remoti: tra la neve sporcata dalla polvere di carbone nella miniera di Korchacol con fotografie che sembrano farci immaginare la fatica e il freddo che in quella zona si provano; nei cantieri navali di Nantong, durante la costruzione della moderna e gigantesca Bulk Zambesi, dove le diverse fasi di fabbricazione mostrano un ventaglio di situazioni tale da indurre, nel relativo libro, a proporre un paragone tra la nave e il Drago, una delle figure mitiche più importanti e diffuse in Cina, simbolo di autorità e ricchezza e comunemente associata a quella dell'Imperatore; infine, sulla Bulk Java e sulla Bulk Borneo, permettendoci di seguire i preparativi prima della partenza in banchina, il tempo della navigazione, in cui si alternano la luce del giorno e il buio della notte, fino al vero e proprio lavoro: il trasbordo del carbone dalle chiatte alle grandi navi oceaniche. 

Tuttavia, se osservate singolarmente, le fotografie di Luca Forno catturano l'attenzione non tanto per il soggetto, che passa presto in secondo piano, quanto piuttosto per il gioco sapiente del contrasto bianco/nero, l'evidenza delle forme, l'incisività del segno, l'originalità delle angolature, gli spazi "contigui ma estranei, a volte e non di rado perturbanti" come li ha efficacemente definiti Marco Riolfo in occasione della recente mostra "Voci, Silenzi" - la sostenibile lentezza dello scatto" , tenutasi a Genova negli spazi espositivi dell'Auditorium del Museo di Palazzo Rosso, che presentava fotografie realizzate da Forno tra il 2002 e il 2009.

Gli scatti di Forno individuano segni, forme che si configurano al nostro sguardo come una realtà altra; è, solo in un secondo momento, che queste fotografie evocano mondi e culture lontani, diversi e al tempo stesso affascinanti. D'altra parte, sempre in occasione della citata mostra genovese, Gianni Vattimo e Glauco Tiengo, hanno acutamente scritto che le sue foto "sono eternamente evocative: infrangono la riconoscibilità del tempo ma nel con-tempo sono accurate, dettagliate, particolareggiate fino a creare un'altra realtà rispetto a quella che mostrano". 

Nelle foto di Forno gli aspetti formali risaltano prepotentemente: strutture sinuose o regolari campeggiano nello spazio, articolati intrecci di materiali diversi si snodano in fughe precipitose, angoli spigolosi spuntano da più parti, geometriche aperture si sovrappongono allargandosi o, al contrario, restringendosi, vertiginose impalcature s'innalzano al cielo, complicati sistemi di tubature e valvole si moltiplicano in diverse direzioni.
Il gioco formale, così sapientemente governato dal fotografo, coinvolge anche le scritte o le sequenze numeriche che, almeno inizialmente, perdono il loro significato comunicativo per divenire segni in mezzo ad altri segni; gru e tramogge, ancore e catene, cavi e corde, numeri e lettere (persino il logo della Coeclerici stampato sulle tute degli operai), ombre proiettate dai più diversi elementi, tracciano un'astratta rilettura della realtà.
Quando i luoghi, con le loro caratteristiche ambientali, sono maggiormente riconoscibili - il cantiere della Bulk Zambesi, per esempio - il taglio attentamente studiato, il controluce accortamente utilizzato creano forme potentemente evocative, in alcuni casi metafisiche. Nelle fotografie scattate gli stessi operai, impegnati nelle diverse attività, prendono parte a questo gioco di forme e di contrasti, diventando spesso sagome in stretto dialogo con le strutture e gli spazi che li circondano. Lo sguardo di Forno è attentissimo, sempre capace di cogliere con immediata spontaneità situazioni formalmente significanti che sfuggono all'occhio comune.

Così, il carbone, sottile protagonista di molte fotografie scattate da Forno per Coeclerici, spesso presente anche quando non è concretamente visibile, può trasfigurarsi nel pigmento di un ipotetico quadro informale - tra Alberto Burri e Hans Hartung per intenderci -, depositandosi sulla coperta della nave, impregnando tutto ciò che si trova a bordo o formando grandi scie lasciate dalla macchina pulitrice passata sulla coperta.

Chi prima di me ha avuto modo di scrivere sull'opera di Luca Forno l'ha messa in relazione, per l'indubbio interesse dei risultati raggiunti, con quella di indiscussi maestri della fotografia del Novecento; Elisabetta Papone, ancora in occasione della già citata mostra, ha scomodato, con convincente argomentazione, il fotografo statunitense Edward Weston (1886-1958), per la capacità di far convivere nei propri scatti astrazione e realismo e Dorothea Lange (1895-1965) - altro grande protagonista americano della storia della fotografia - per l'intensità  con cui restituisce, nei ritratti, la dignità della persona. 

Con le sue opere Luca Forno si segnala anche quale degno erede del grande fotografo e designer costruttivista russo Aleksandr Rod?enko (1891-1956), il quale, in un libro significativamente intitolato La fotografia come arte, pubblicato nel 1934, sosteneva che "la fotografia ha tutti i diritti (e i tutti i meriti) indispensabili per essere considerata l'arte del nostro tempo". Ne è degno erede, Luca Forno, per le sperimentali soluzioni compositive proposte, ma soprattutto per una questione di poetica: il grande artista russo riteneva, infatti, che "se si vuole insegnare all'occhio umano a vedere in modo nuovo, è necessario mostrare oggetti di uso quotidiano e familiare attraverso una prospettiva del tutto inaspettata" e che "bisogna guardare il mondo con gli occhi del mattino" ad indicare che solo attraverso un punto di vista inconsueto e non convenzionale si può conoscere e capire il mondo e, in questo modo, cambiarlo. 

L'utopico sogno dell'avanguardia è ancora attuale. E non possiamo che rallegrarcene.

 Leo Lecci -  Genova 
 

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