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THE MINE

size 29,3 x 28,3 cm. - 124 photos b&n - 144 pages - Arsenale Editrice - Verona - november  2009 - code: ISBN 978-88-7743-339-8

UN VIAGGIO ...

Un viaggio. Il viaggio per immagini che ha per meta la miniera siberiana di Korchakol. Chi ci invita è un fotografo vero, un uomo che attraverso il suo obiettivo vuole certo raccontarci quel mondo ma, soprattutto, dirci che cosa lo ha colpito, che cosa ha provato, e quali tracce possono portarci molto più lontano. La sua non è una fotografia documentaria, pur se rigorosamente attenta alla realtà, e neppure una fotografia d'arte, sebbene essenzialmente creativa e personale. Nè reportage nè opera da galleria. Di fatto siamo di fronte a un linguaggio dal sangue misto, che vanta un padre di nobile e sicura autorevolezza nel racconto per immagini, genere di raffinata originalità, e una madre di origini più passionali dotata di grande energia evocativa, la fotografia di documentazione sociale. E lui, come tutti i figli di questo mondo, ha preso da entrambi ma va per la sua strada, mostrando un carattere forte, autonomo, tutto suo. In altre parole, Luca Forno ci propone un itinerario per immagini che scrupolosamente insegue la realtà nel concreto della polvere, del freddo e della fatica, del rumore e del fango, però ci accompagna con l'eleganza professionale di uno sguardo che sa cogliere anche in quella durezza lo stimolo estetico. Talvolta diventa armonia grafica, talaltra sintesi del dettaglio, sempre una vera e propria dichiarazione di coinvolgimento, una mano tesa con straordinaria forza verso l'essere umano dall'altra parte dell'obiettivo. Sono infatti i ritratti che ci si incidono dentro più profondamente, sguardi in macchina che ci raggiungono, ci catturano, ci emozionano, ci parlano, e fanno scomparire in un attimo distanze siderali di spazi, storie, culture. Ma non solo, perché proprio l'intensità di questi volti ci induce a tornare indietro e a ricominciare da capo, scoprendo così che la nozione di ritratto qui si allarga dall'uomo alle scene di vita e di lavoro, all'ambiente che contiene e suggerisce lo scenario, agli oggetti e alla neve, ma soprattutto a quel carbone che dovrebbe essere il protagonista della storia, immanente, e invece, dopo l'inquadratura che quasi lo grida all'aprirsi del sipario, viene posto con raffinata regia in sottofondo, nel ruolo di voce narrante. Se fosse musica, le quattro tematiche proposte avrebbero il ruolo degli a solo dei diversi strumenti in una sinfonia. Se fosse mosaico, ogni immagine rappresenterebbe una tessera autonoma e insieme corale nella totalità dell'affresco. La scelta del bianco e nero è un altro tratto basilare.  Luca Forno non l'ha compiuta però solo per la sua valenza poetica rispetto a quella prosaica del colore, quanto piuttosto perché, come si diceva, il suo intento è di trasmettere i fatti insieme al chiaroscuro delle sensazioni che gli hanno suscitato, collocandosi al di fuori del soggetto inquadrato per documentarlo, ma al tempo stesso con l'onestà intellettuale di riconoscersi coinvolto, umanamente coinvolto, e dunque dichiarando la propria empatia. Tra rigore professionale e partecipazione personale l'unico possibile filo narrativo su cui camminare era proprio il bianco e nero, staccato da terra eppure totalmente ligio alla legge di gravità. Giunti a questo punto, le strade divergono: l'autore ci ha portato a Korchachol, con le sue immagini ci ha detto ciò che per lui era importante dire, ha usato un linguaggio che tutti potevamo capire, ci ha indicato le strade e descritto la trama: adesso sta a noi. A ognuno di noi. Dipende dalla cultura del singolo e da quali filoni la compongono, dalla sensibilità personale e dalla capacità razionale, dalle esperienze e dagli interessi, persino dal momento e dallo stato d'animo, perché siamo esseri umani e la relatività è la nostra dimensione. Però, forse, un secondo invito può essere accettato da tutti noi, quale che sia il bagaglio di ego che ci portiamo dietro: cerchiamo di affrontare questo viaggio disposti e pronti alla fatica di passare dal guardare al vedere. Ne vale la pena. 

Pierpaolo Preti - Milano 

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