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UN RACCONTO ARGENTINO - l' Obra di Padre Mario Pantaleo

size: 28,7 x 24,5 cm. - 85 photos b&n - 112 pages - Arsenale Editrice - Verona - august 2015 - code: ISBN 978-88-7743-404-3


DI UN PRETE CAMINANTE, DI UN FOTOGRAFO CHE ASCOLTA ...

Ci sono persone, nel Mondo, che pur abitandone la geografia ne ridicolizzano i confini, pur vivendolo nella sua realtà contingente lo tracimano moralmente, pur svolgendo il proprio percorso terreno come singolarità oggettiva assurgono a coscienza collettiva, plurale ma una... E una di queste persone e' stato (per la storia anagrafica), e' (forse per la piccola Storia di questo piccolo Mondo) un prete cattolico, italiano di nascita, argentino d'adozione e cittadino del mondo per vocazione, padre Mario Pantaleo... 
Se il '900, e nonostante la sua 'brevità' (direbbe Hobsbawm), ha lungamente offerto tragica testimonianza del più delirante raziocinio umano, e' anche vero che lo stesso - qua e là, senza particolare premeditazione, parrebbe, ma certo, a ben pensarci, più la' dove c'era bisogno... - ha evidenziato - ancorché pochi - certi e tenaci segnali o anticorpi o speranzosi lumicini di Fratellanza... 
Di questi uno, si diceva, nel passaggio dal Vecchio al Nuovo Mondo non si limitò a rinvigorire un cammino di legittima ma personale speranza bensì presto intese declinarla a beneficio dei più sfortunati se non di tutti: a padre Mario Pantaleo fu presto chiaro che la predicazione della Parola di Cristo avrebbe meglio sostenuto le colonne della Chiesa se cementata nel fare operoso e quotidiano tra la povertà più vera e la speranza più negata... Ecco allora che, in una delle realtà più disagiate dei sobborghi di Buenos Aires e dell'intera Argentina nella prima metà del '900, padre Mario trova il terreno più fertile per la sua opera che presto diventa la Obra del Padre Mario Pantaleo: un successo pastorale ed infine sociale fatto di cose concrete (assistenza sanitaria e scuole, in primis) ma frutto di un cammino personale vissuto tra notevoli difficoltà e sofferenze mondane, a riprova che la Croce, sebbene certo e fortissimo simbolo di Redenzione, trova la forza che la sorregge nel terreno paradossalmente più arido e duro ma la cui presenza, proprio lì, e' primo indizio di bonifica vivificante... 
La vicenda umana (troppo umana, direbbe uno dei filosofi cui padre Mario dedicò tempo e studio, o mai abbastanza umana, a dar retta alla sua instancabile volontà di agire per l'Altro...) del Nostro dunque ben testimonia la vitale contraddizione che anima il Verbo e sostanzia la Obra: nel paziente e costante ma mai rassegnato attingere di motivazioni di questa in quello, la Via moralmente indicata e concretamente seguita da padre Mario... 
In questo piccolo prete dalla bonaria faccia di pugile buono, si direbbe, e allora segnata dai colpi dell'Avversario (mai nemico) e dal Tempo (mai inutilmente passato ma sempre vissuto in un presente facitore di futuro...), si riassume e si condensa un'esperienza di vita che da un 'nuovo mondo' geografico volge e vale per un Mondo (un poco più) Nuovo, laddove il legno della Croce, ancora contraddittoriamente rinvigorito dalla sofferenza, ancora e poi sempre rifiorisce... 
Un'altro grande spirito della terra argentina, un veggente laico (opportunamente cieco) come Jorge Luis Borges ebbe a scrivere, tempo addietro: "Ci sono sulla terra, e ci sono sempre stati, trentasei uomini giusti la cui missione e' di giustificare il mondo davanti a Dio. Sono i Lamed Wufnik. Non si conoscono fra di loro e sono molto poveri. Se un uomo si accorge di essere un Lamed Wufnik, muore immediatamente e qualcun altro, forse in qualche altra parte del mondo, prende il suo posto. I Lamed Wufnik sono, senza saperlo, i pilastri segreti del mondo. Senza di loro, Dio distruggerebbe l'intera umanità. Ignari, sono i nostri salvatori. (...)". 

Consapevoli, delle salvezze di molti da lui operate e della Salvezza di tutti da lui perseguita, il sorriso tenace di padre Mario a noi lo rivela per il povero che era ed il giusto che è...
Ma come, in una contemporaneità così (spesso) vacuamente affaccendata, così concretamente distratta (e dal Nulla, poi...), così organicamente povera di attenzione voluta e premeditata all'Altro (salvo quella dubbia e indotta dalla frenesia emergenziale), come riuscire ancora a testimoniare una tale volontà fattasi azione - al dunque: fattasi Obra... - come quella di padre Mario Pantaleo? E perché, poi? Già, perché... 
Alla domanda delle domande, data la sua ineludibile richiesta ed impraticabile risposta, e' forse facile reagire, dunque opporsi: come il grande alpinista Mallory rispose a chi gli chiedeva, ai primi del Novecento, perché scalare l'Everest, "perché è lì", sic et simpliciter... Ma come, allora? E la risposta, questa volta, ce la offre la Fotografia ed il suo laico officiante Luca Forno, ad oggi uno dei migliori cultori della 'settima arte' (nella sua accezione più ampia) e certo tra i massimi nel declinare il Bianco e Nero con modalità le più variopinte... 
Ed infatti il suo 'Racconto argentino', puntuale resoconto della realtà costruita negli anni dall'instancabile padre Mario, assume subito una doppia valenza acutamente celata gia' nella ragione sociale che la palesa: è argentino in quanto espressione geografica di quella parte di mondo, di quel Sud oramai così trasversale ed onnicomprensivo nella sua sofferenza da essere ovunque ma è argentino anche (o soprattutto?) in quanto colore che rende testimonianza, nel suo girovagare tra il Bianco e Nero, di un luogo che è dell'anima o dello spirito o della ragione o comunque vogliate definirlo ma che non ha confini e neanche è confinabile da ottimistiche cartine geografiche e la cui ubiquità morale può solo essere fissata per un infinito istante da un fotografo mirabilmente empatico come Forno... 
Allora l'obiettivo del fotografo centra l'obiettivo del cuore: l'impersonale e distaccata neutralità classificatoria delle tre Virtù teologali si fa carne e volto, dolore e speranza, quotidianità e percorso... Allora la Fede espropria la sofferenza vivificandone i luoghi con le fondamenta fisiche della sua chiesa caminante, la Speranza pervade i gesti operosi che solo la fatica del lavoro sa rendere davvero buoni e la Carità ci nutre prim'ancora di sfamare l'Altro... In qualche modo e per qualche ragione, a Forno riesce di mostrarci quel che è difficile dire e così facendo - forse, in fondo - ci offre ancora una volta modo 'di guardarci in specchi in cui possiamo vedere cosa ci manca'... 

Marco Riolfo - Calizzano 

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